"Matri, amanti e ziti, fimmini c'amati
D'unni viniti, ccu st'occhi spirdati?
Comincia così la canzone "Fimmini", cantata dalla Compagnia ennese Trìskele, che si è aggiudicata, nel dicembre scorso, il primo premio del concorso internazionale Andrea Parodi "World Music in Sardegna", dedicato alla memoria dela grande artista ligure scomparso e svoltosi a Cagliari.
Un meritato primo posto decretato da una giuria di nomi di spicco del panorama musicale e giornalistico italiano. Più che una canzone un inno alla figura femminile in tutte le sue sfaccettature.
"Matri, amanti e ziti, fimmini c'amati
D'unni viniti,ccu st'occhi spirdati?
Fimmini c'abbrusciati cco sali li feriti
Lu celu si fa carni ppi li vosci piccati.
Fimmini arraggiati, fimmini scantati
Sunate la tammura, finu a quannu scura
Ccu st'occhi di magari firriati tuttu 'ntunnu
Lassativi muriri, lassativi abballari! Suli aria e luna, terra focu e mari
Duci comu meli di nui siti patruna
Zagara 'ntrizzata, fimmina addisiata
Ppi vui - spunta lu suli e cala la jlata...
Fimmini arraggiati, fimmini scantati
Sunate la tammura, finu a quannu scura
ccu st'occhi di magari firriati tuttu 'ntunnu
Lassativi muriri, lassativi abballari!"
Il brano, la cui musica è scritta da Roberta Gulisano, e che vede il suo paroliere in Francesca Incudine descrive le donne che riacquistano la consapevolezza dei loro ruoli originari. "La fimmina è madre tramite il carattere dell'accoglienza, amante, cioè passionale e sposa con la sua tenerezza e al contempo ha il bisogno di essere accudita, protetta", spiega Roberta Gulisano, voce della compagnia. Ma, nel brano ci sono anche altri intrecci che evidenziano il duplice carattere della figura; spiritualità e legame con gli inferi. "Donne che bruciate (guarite) le ferite, il cielo si fa carne per ivostri peccati, indica il dolore utile per la cicatrizzazione che si ha attraverso il sale; cui si aggiunge l'aspetto magico della donna guaritice, la magara, quindi la maga che interviene con litanie e riti magici perché ciò avvenga. Segue l'indubbio richiamo alla Bibbia in cui si parla del Cristo che s'incarna nel peccato di Eva", continua la Gulisano. "Donne adirate, spaventate suonate il tamburo, fin quando farà notte; con questi occhi da maghe girate tutto in tondo, lasciatevi morire, lasciatevi ballare!" Il tamburo nella tradizione siciliana era suonato dalle donne, con la mano sinistra. "Il motivo era sempre di natura magica perché si faceva riferimento ancora una volta alla donna maga e al sodalizio con gli inferi - precisa - la mano sinistra piuttosto che la destra ha sempre simboleggiato il carattere magico. Inoltre di solito erano le mogli dei friscaletari, cioè di colore che suonavano il friscaletto, il flauto di canna, che seguendo i mariti che si esibivano alle feste, non potendo partecipare alle stesse, li accompagnavano suonando anch'esse il tamburo finché non arrivava la notte, osservavano ciò che capitava durante le serate attraverso gli occhi da maghe. Per questo si facevano quasi trasportare dal ballo, che altro non è se non una manifestazioner primordiale della nostra natura di esseri umani. Una forma di comunicazione come un'altra". C'è poi un riferimento agli elementi della natura, che posseggono la donna, eppure lei li percepisce come dolci, buoni e positivi. Sono il Sole, l'aria, la Luna, la Terra, il fuoco e il mare. Si ritorna quindi alla figura femminile terrena per la quale si intrecciano in bouquet per lo sposalizio le zagare. Proprio in questa parte della canzone c'è un chiaro riferimento alla Vuccirìa come nella confusione di un suk, in cui per farsi sentire c'è anche chi, attraverso l'interpretazione del chitarrista Mario Di Dio, poggia la propria mano sinistra perpendicolare al bordo della bocca per richiamare l'attenzione su di sè, imponendosi sulle altre voci. Inizia il crescendo vocale parlato e quasi urlato dai sei membri del gruppo, mentre la Gulisano danza girando su sé stessa in quello che non è un semplice ruotare, ma è un accenno di tarantella quando mette le braccia sui fianchi e tanto ancora, tutto ciò che emoziona. Ha un vestito semplice, nero, lo scialle rosso porpora in vita, i piedi scalzi, che indicano il forte legame con la Terra e la natura. Capelli scuri sciolti, braccia aperte, occhi truccati. Appare nella sua fierezza di donna mediterranea, vera, figlia della Sicilia, dell'Africa e perché no delle popolazioni nomadi. Dignità Rom accentuata nel momento in cui oltre a girare su sé stessa con le braccia aperte, tiene il tempo facendo schioccare le dita di entrambe le mani. Un mescolarsi consapevole e magico di tradizioni e culture tanto diverse e, nonostante tutto, tanto eguali.
Giulia Marcias
La Compagnia Trìskele, ha partecipato al Premio Andrea Parodi 2010 con sei elementi: Francesca Incudine, percussioni e voce; Carmelo Colajanni, fiati; Emanuele Bunetto e Mario Di Dio, chitarre; Pino Delfino, contrabbasso; Roberta Gulisano, voce.
In realtà questo rappresenta solo il gruppo base. La Compagnia è formata da quindici artisti, visto che oltre all'ensemble musicale c'è una voce narrante, Lorenza Danaro, un coro e un gruppo di ballo costituito da: Floriana Solaro, Valentina Cammarata, Michela Gioveni, Marco Severino, Andrea Cameli, Giuseppe Piscopo, Luca Manuli e Lino Chiusa.
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